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Caratteristiche dell’allevamento e della produzione del vitello di razza piemontese

La produzione della carne di vitello avviene oggi con due diversi sistemi di allevamento: quello di tipo invasivo e l’altro di tipo tradizionale.
Il primo è sorto ed è andato via via estendendosi a partire dagli anni ’60: è impostato su una nuova forma di zootecnica, con caratteristiche sue proprie e che emergono anche dalle varie “denominazioni” con le quali esso è identificato.
- una è quella di “allevamento di tipo industriale” giustificata fra le altre dal minimo impiego di manodopera addetta ad un numero molto grande di vitelli allevati;

per quest’ultima caratteristica è detto anche allevamento di “tipo intensivo”; ma l’impronta che più la contraddistingue è quella di essere un’azienda di “trasformazione” , essa infatti acquista sua i vitelli che di regola sono di provenienza estera, sia il necessario per allevarli e cioè i foraggi, i mangimi, la paglia da lettiera: essa infatti non alleva bovine fattrici, né dispone di terreni agricoli: per quest’ultima situazione questa è detta anche “allevamento senza terra”.

- L’allevamento tradizionale “Tipo” è sostanzialmente diverso dal primo, sia nella struttura, che nella conduzione e negli obiettivi produttivi che si propone. Questo allevamento è costituito sia da bovine fattrici che da vitelli, sempre in numero limitato ad alcune decine, tutti di razza piemontese. Gli alimenti base necessari per questi bovini provengono per lo più dai terreni agricoli annessi all’azienda e coltivati dallo stesso allevatore.

L’allevamento tradizionale

Questa impostazione può apparire arcaica o comunque superata dal tempo. Nella realtà questo allevamento di “tipo tradizionale” non è “rimasto al palo” solo per voler rimanere ancorato ai sistemi del passato.
Nel valutarlo va considerato che esso possiede una sua propria specializzazione che si identifica in una produzione di notevole livello “qualitativo”.
La razionalità e la validità dell’impostazione di questo allevamento sono comprovati anche dalla convinzione di esperti delle risorse agricole, che hanno la possibilità di usufruire di una visione globale di quello che potrà essere il mercato del prossimo domani.
Secondo questi esperti questo indirizzo, quello della “qualità”, risulta essere il più valido per assicurare un futuro economico nel settore della carne bovina.

La qualità in tre fattori

Le caratteristiche della qualità di questa carne, quelle che l’hanno resa famosa già da parecchi decenni, derivano principalmente da tre fattori:
1) Il primo, quello fondamentale, è costituito dal particolare tipico sistema di alimentazione del vitello “Piemontese”: l’allattamento alla mammella che si prolunga in genere fino ai 6-7 mesi e una razione costituita esclusivamente da alimenti integrali. Tra i fieni di prato polifita, quello che viene riservato al vitello è il maggengo, ritenuto il migliore e da cereali quali il mais, la crusca di grano tenero, l’orzo, opportunamente dosati nelle percentuali in cui sono presenti e preparati con particolari accorgimenti
2) Il vitello di razza piemontese, se da un lato è un eccellente produttore di carne, dall’altro è anche particolarmente esigenze in fatto di “qualità” dei componenti della sua razione alimentare.
Quella accennata, composta esclusivamente da alimenti ”integrali”, si è dimostrata, attraverso il tempo, quella più idonea alle sue esigenze biologiche: con questa infatti il vitello dimostra di potersi mantenere in uno stato di salute “buono”; questo è un indice che tutte le cellule del suo organismo sono nutrite in modo corretto e che pertanto possono essere pienamente efficienti nello svolgere le proprie specifiche attività. Sotto questo profilo si può anche dire che per ottenere carni con buone caratteristiche, è indispensabile una buona nutrizione dell’intero organismo e , nel caso specifico, delle cellule della struttura muscolare.
3) Ma il fattore di sicura rilevanza è anche la figura dell’allevatore, per solito “figlio d’arte” dotato di una acquisita sensibilità nel valutare lo stato generale e le capacità digestive di ogn singolo capo. Tratta bene il suo vitello sia in virtù di un suo senso di innato civismo, sia anche perché sa che i maltrattamenti, lo stress ripetuto o anche a semplici disagi abituali possono compromettere sia la crescita che la qualità dell’allevamento.
I segni che dimostra il vitello quando vive in un habitat, quale quello descritto, appaiono evidenti e significativi; si è citato ad esempio il suo comportamento nervoso contrassegnato dall’equilibrio delle reazioni a persone e cose insolite e dal suo stato disteso e tranquillo; dalle caratteristiche che presenta la sua cute: la pelle è pastosa, morbida ed elastica, e il pelo è lucente; l’efficienza delle sue difese immunitarie nei confronti delle più comuni malattie di tipo “collettivo”.
E’ quando ci sono queste premesse che si possono ottenere qualità o meglio “normalità” delle caratteristiche delle carni.

Sui grassi delle carni rosse

Non raramente si sentono dietologi che avversano “in toto” il consumo delle “carni rosse” in particolare, malgrado che i lipidi abbiano specifiche funzioni nutrizionali, non solo come “energia di riserva” e veicolo di vitamine, ma anche perché concorrono a far parte di diverse strutture di importanza vitale per il nostro organismo.
Il motivo per cui i grassi delle “carni rosse” vengono posti sotto accusa, sarebbe il loro elevato contenuto in “acidi grassi saturi”.
Pertanto su questo delicato argomento sembra opportuno fare taluni precisazioni.
Nell’organismo del vitello, come anche in quello di altri mammiferi, esistono effettivamente dei depositi di grasso ad elevato tenore di “acidi grassi saturi”; ma va messo ben in chiaro che i grassi di questo tipo sono tutti confinati nell’addome, specie nel deposito che sta attorno ai reni.
Questi grassi, e questo è uno dei punti che merita particolare attenzione, non fanno parte della nostra cucina da oltre 50 anni. In altre parole non c’è nessuno che li mangia e ciò che non si mangia non deve essere considerato tra gli alimenti.
L’altra faccia della medaglia, e cioè gli altri grassi, quelli che fanno parte integrante della “carne rossa”, e che pertanto si mangiano, hanno una composizione chimica sostanzialmente diversa da quelli “saturi”; questa “diversità” è cosi evidente da poter essere valutata già direttamente anche dallo stesso consumatore: infatti a motivo del punto di fusione nettamente più basso, questi grassi della carne risultano al tatto più untuosi, più molli e più plasmabili.
Queste caratteristiche, che sono frutto di una composizione chimica sostanzialmente diversa da quella dei grassi “saturi” conferiscono ai grassi stessi facenti parte della struttura della carne proprietà nutrizionali che possono risultare decisamente proficue per la salute dell’organismo di chi se ne ciba. A chiarimento di questo aspetto si ritiene utile citare le conclusioni di un lavoro scientifico, sia perché è stato impostato proprio sulla ricerca della composizione chimica dei grassi delle “carne rosse”, sia soprattutto perché il suo autore, A. Lazzaroni, è componente del “centro per la lotta contro l’infarto” ed ha conseguito proprio per questi studi un particolare riconoscimento scientifico.
Con queste ricerche è stato posto in evidenza che invece dell’acido “saturo-stearico”, c’è un acido “monoinsaturo” e precisamente l’acido “oleico” . Questa presenza è di rilevante importanza nutrizionale: basta pensare che a questo acido oleico è stata data anche la definizione di “spazzino” delle arterie, per sottolineare l’importanza che esso ha nella prevenzione dell’infarto. Ed è ancora a segui tondi queste ricerche che si è ritenuto che la carne rossa possa venir inserita anche in talune diete volte a correggere un colesterolo troppo elevato.

Altri apporti dell’alimento carne

E’ noto che non esistono alimenti che contengano un solo tipo di nutrimento, eccetto quelli “inventati” dall’uomo, come lo zucchero. Tutti, siano essi di origine animale che vegetale, hanno invece una loro propria complessa composizione, per cui possono risultare ora più ricchi di taluni nutrimenti ora più ricchi di altri.
Tra quelli della carne, oltre ai ben noti rapporti proteici, energetici e vitaminici, si possono ricordare taluni aminoacidi, come la “carnitina” che in pratica favorisce l’ingresso dei nutrienti nella cellula e l’espulsione delle scorie da essa prodotte, contribuendo a mantenere la piena efficienza della cellula stessa; il “triptofano” , necessario per la produzione di quel messaggero chimico del cervello denominato “serotonina” e che è il più importante tranquillante prodotto dal nostro organismo.
Ma un apporto d rilevante importanza, anche se non esclusivo della carne, è costituito dal ferro in forma altamente assimilabile. E’ noto che le sue funzioni consistono soprattutto nel trasportare l’ossigeno alle cellule ed asportare da queste l’anidride carbonica; esso favorisce così le attività fisiche e mentali e aumenta la resistenza allo stress.
Se esso è indispensabile per tutti, ad averne maggiore necessità sono le donne di tutte le età, gli organismi in fase di crescita e le persone che praticano esercizi fisici intensi.
Si è accennato a queste funzioni del Ferro, anche se ampiamente note, sia perché nella popolazione italiana la carenza di questo elemento è fra le più diffuse, sia anche perché il consumatore non sempre conosce le diverse proprietà della carne in rapporto al tono del suo colore: infatti c’è una certa tendenza a preferire carni molto chiare in quanto ritenute più tenere e a trascurare di tenere in conto che , in linea generale, quanto è più intenso il tono del colore “rosso-roseo” tanto più è elevata la presenza del Ferro e più matura e completa la composizione della carne stessa. Con queste caratteristiche nutritive la carne, pur non essendo indispensabile per l’uomo, può considerarsi un alimento base, dotato di particolari proprietà e funzioni, per cui la sua presenza nella dieta può risultare vantaggiosa. Per chiarire meglio questi concetti si ritiene efficace citare una frase del Prof. E. Deltomas secondo la quale “un vegetariano ben difficilmente salirà sul podio olimpico”.
Comunque le carni in linea generale possono essere inserite tra gli alimenti classificabili come “integrali”, quella del vitello Piemontese merita una particolare attenzione .
Il vitello allevato secondo il tipico sistema tradizionale non viene a trovarsi sottoposto a “pressioni” metaboliche particolari volte a forzare la crescita.
Esso cresce invece sotto la spinta nutritizia che gli giunge da “alimenti esclusivamente integrali”, che gli enzimi del suo apparato digerente “riconoscono” e che quindi possono elaborare e trasformare in “nutrienti” di apprezzabile livello qualitativo.
E’ in virtù di questa situazione metabolica, che prendono origine le particolari caratteristiche delle carni:
il gusto, gli aromi, che si sprigionano alla cottura, la morbidezza, una “conservabilità” tale da consentire quel processo naturale e spontaneo detto “frollatura”, capace di migliorare ulteriormente la tenerità, il sapore e la qualità nutritiva.
In conclusione, il concetto base di questa produzione è quello secondo il quale non è sufficiente che il cibo non faccia male; ma che invece questo deve associare due proprietà: quella di far bene, di aiutare l’organismo, che di esso si nutre, a funzionare bene, e, nel contempo, di essere gastronomicamente valida, perché il cibo deve anche piacere.

Linea allevatore-macelleria artigianale-consumatore


In queste zone lo sbocco commerciale di questa produzione di “qualità” npn è più costituita, come avveniva un tempo, dal mercato del bestiame o, comunque, da un incontro occasionale tra allevatore-venditore e macellaio-acquirente.
Oggi tra allevatore “tipo” del Vitello Piemontese e la Macelleria di qualità si sono creati rapporti di stabilità commerciale pressoché permanente: oggi infatti è ben noto alle due categorie che la sopravvivenza dell’una è condizionata dalla presenza di quella dell’altra: per l’Allevatore è indispensabile poter avere un Macellaio acquirente disposto a pagare un surplus, che compensi il maggior lavoro e i maggiori costi che comporta il “produrre la qualità”.
La Macelleria a sua volta con una “qualità diversa” può fronteggiare validamente la concorrenza commerciale impostata sul prezzo più basso.
Questa Macelleria in virtù delle caratteristiche del prodotto che pone in vendita, viene a costituire il punto di riferimento per quella fascia di Consumatori che cercano appunto l’alimento “carne” dotato d quelle peculiarità tipiche che si possono ottenere con il vitello Piemontese allevato secondo la tradizione.
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